Mostra "Sostenere" - Ingresso libero
All'inizio del 2020, l'epidemia di Covid blocca improvvisamente l'umanità e svuota le città. In Île-de-France, più di un milione di persone scelgono di lasciare la metropoli per proteggersi. Conseguenza immediata della crisi sanitaria, l'esodo urbano ricorda i legami fragili tra città e salute, tra architettura e profilassi, tra città e ospitalità. Apre così anche un campo di interrogativi per la città di domani: accesso ai luoghi di cura e alla piazza della medicina; evoluzione delle strutture sanitarie e cura di tutte le patologie; invecchiamento della popolazione e accessibilità delle attrezzature o abitazioni; mortalità urbana e luogo delle sepolture; impatti sanitari dei nostri metabolismi metropolitani e trasformazione dei territori...
Sotto la guida della filosofa Cynthia Fleury e del collettivo di architetti SCAU, la manifestazione «Soutien» interroga la storia della cura, «dei luoghi e delle architetture che ci tengono e ci sostengono, piuttosto che ci detengano o ci contengano». L'Hotel-Dieu, fondamento e promessa della città, apre l'opera e l'esposizione. Seguono una serie di ritratti di luoghi e territori abitati e non, riletti sotto il prisma del «care», della salute e della sollecitudine attraverso diverse discipline mediche, urbane, filosofiche, artistiche... Questi accostamenti disegnano allora una cartografia inedita analizzata attraverso atti fondatori o architetture emblematiche.
Questo corpus ibrido riunisce nell'esposizione piani, modelli, fotografie, video, disegni originali, opere, installazioni... organizzati attorno a sette temi senza un ordine stabilito. Si tratta di distanze, tra salute e malattia, e tra la città e i suoi luoghi di cura; di elementi, cioè territori non architettonici che sono curativi o non curativi; di forme, cioè quelle che assume l'ospedale e, più in generale, l'istituzione della cura; di frontiere, quelle che tracciano bene e male i limiti dei gesti e dei luoghi della cura, dal più intimo al più pubblico; di necropoli, per parlare della cura che portiamo ai morti; di eterotopie, di quelle architetture alternative in cui, e grazie alle quali si inventano altre forme di cura; infine inabitabili, cioè territori malati nei quali l'architetto deve riparare il mondo. »