Accesso gratuito alla mostra del museo "Un tesoro d'oro, il dinaro in tutte le sue condizioni"
Attraverso la sua mostra "Un tesoro d'oro, il dinaro in tutti i suoi stati", l'Istituto del mondo arabo presenta una collezione di monete per la prima volta rivelate al pubblico.
La moneta, primo strumento del commercio, è anche un formidabile mezzo di comunicazione che afferma sia un'identità che un'autorità.
La collezione qui presentata comprende circa 1100 pezzi, molti dei quali sono rari o unici; racconta la complessa storia della civiltà dell'Islam.
Mentre nella penisola arabica non era più stato coniato moneta circa 500 anni prima dell'avvento dell'islam, il califfo Abd al-Malik, quinto sovrano della prima dinastia ereditaria musulmana, gli Omayyadi, promulgano l'arabo come lingua dell'amministrazione e instaurano, a partire dal 77H/696, una monetazione priva di rappresentazioni figurate, con solo iscrizioni che proclamano la fede in un Dio unico e la data del colpo. Il nome del sovrano e quello della zecca completeranno le leggende dei dinari a partire dalla metà del IX secolo. Dopo la caduta del califfato abbaside nel 1258, questo principio rimane in uso mentre sultani, scià, emiri, imperatori o visir battono tutte le valute, dal Nord Africa all'India. I dinari sono veri e propri tesori in miniatura delle scritture in alfabeto arabo e della calligrafia nella diversità dei suoi stili. Tuttavia, i sultani ottomani in Turchia, gli shah safavidi e poi Qajars in Iran, gli imperatori Moghols in India, a volte reintroducono sui loro dinari il ritratto del sovrano o l'emblema figurativo del loro potere.